Alle ore 11 del 20 marzo 1861 finì la resistenza di Civitella del Tronto, l’ultima fortezza del Regno delle Due Sicilie caduta dopo Gaeta e Messina. Sei mesi circa di assedio, migliaia di bombe, centinaia di vittime, soldati fucilati e deportati e, nelle tasche, pezzetti di quella bandiera delle Due Sicilie che non vollero cedere al nemico.
<span;>Noi non vogliamo tornare indietro nel tempo e non vogliamo vendette o risarcimenti. Vogliamo solo raccontare ai nostri giovani la storia, tutta la storia. Una storia diversa da quella raccontata male o cancellata nei libri di scuola per dimostrare che tutti i meridionali vollero quell’unificazione e che, quindi, se esistono ancora le questioni meridionali, è sempre e comunque “tutta colpa del Sud”.
<span;>Ai nostri ragazzi manca il racconto di quegli uomini e quelle donne che quella unificazione-conquista non la volevano e, per difendere il loro re e la loro patria napoletana, preferirono la morte, il carcere o la deportazione. Il loro esempio, per senso di appartenenza e orgoglio, può essere ancora utile per ottenere classi dirigenti (finalmente) in grado di pretendere, dopo oltre 160 anni, pari diritti in un’Italia che purtroppo resta divisa proprio nei diritti. E ci piace pensare a quegli Abruzzesi che durante le notti dell’assedio accendevano fuochi per dare un segnale di affetto ai soldato assediati: “noi siamo con voi, continuate a difendervi e a difenderci”. Per certi aspetti è quello che ognuno di noi fa ogni giorno anche con un libro, una manifestazione, un articolo o un post sui social per collegare, finalmente, Memoria, Orgoglio e poi… Riscatto