Anni fa una mia amica docente universitaria americana mi chiedeva come mai nei nostri libri di scuola sia dedicato cosi poco spazio alla storia dei nostri emigranti in particolare meridionali (al contrario di quanto accade nei libri americani). La risposta in fondo è semplice: le classi dirigenti del Nord come del Sud sono state e sono responsabili della questione meridionale e dell’emigrazione, due fenomeni collegati e ancora attuali e drammatici e per questo da “censurare, tra gravi colpe e inutili sensi di colpa. Del resto, primati borbonici (positivi) a parte, è sicuro che fino al 1860, a differenza di quanto accadeva nel resto dell’Italia e dell’Europa, dal Sud non partiva nessuno. Dal 1870 contiamo, invece, oltre 20 milioni di emigranti con numeri in crescita negli ultimi anni ed in particolare tra i giovani avviando il nostro territorio verso la desertificazione. E nessuno fa nulla da oltre 160 anni.
E questi sono i giorni dell’anniversario (ipocritamente celebrato) della strage delle miniere di Marcinelle in Belgio (8 agosto 1956, 262 morti, tanti italiani, tanti meridionali) frutto di un accordo tra il governo italiano e quello belga con scambi di merce e uomini costretti a vivere in condizioni disumane. Alcuni di quei politici sono stati in attività fino a pochi anni fa. Ora il potere è in mano ai loro eredi. Ecco perché nei nostri libri non si celebrano e non si ringraziano i nostri emigranti. Altro che “passato”, altro che “nostalgici”. Queste storie sono ancora vive e attuali e bruciano sulla nostra pelle come il fuoco sulla pelle di quei poveri minatori di 66 anni fa.
Gennaro De Crescenzo