“Avrò avuto 7 o 8 anni e ho subìto vero e proprio razzismo, perché ero meridionale”. Vittoria Belvedere è nata a Vibo Valentia, da una famiglia di contadini. “Se in cortile giocavo con gli altri bambini, le loro mamme li portavano via dicendo: non giocate con lei, è una terrona. Non sono cose che fanno piacere, a volte mi vergognavo… ma non mi sono mai permessa di rinnegare le mie origini, anzi, ne vado orgogliosa”. Questa la sintesi di un’intervista al Corriere dell’attrice Vittoria Belvedere. Ed è la sintesi anche delle nostre trentennali battaglie. Il razzismo antimeridionale è esistito ed esiste (in questo caso parliamo di qualche decennio fa e non di qualche secolo fa). È strisciante, subdolo, a volte plateale (magari sugli stadi), a volte meno plateale (sui social o nei media, tra opinionisti ovviamente non solo leghisti e spesso non solo settentrionali con devastanti complessi di inferiorità o tra i diffusori idioti di luoghi comuni locali). Il problema è che tutta questa roba, come diciamo da sempre, diventa da 160 anni questione meridionale arrivando fino ai governi di turno sempre pronti a tagliare fondi e diritti ai meridionali bruttisporchiecattivi (dal 1860 ai federalismi fiscali fino ai pnrr o ai prossimi regionalismi).
Ecco perché ringraziamo la Belvedere per il suo coraggio e il suo orgoglio ed ecco perché abbiamo il diritto e il dovere di continuare le nostre battaglie (prima culturali e poi politiche perché la politica è la conseguenza di una cultura).
Gennaro De Crescenzo