Dopo i successi televisivi di Napoli in questi mesi, tra Alberto Angela e fiction non “gomorriane”, nonostante i soliti esperti del “sì, però” (ormai, per fortuna, sempre più pochi e tristi), a dispetto della serenità di chi non ama Napoli (possiamo solo immaginare la loro rabbia di fronte all’ennesimo “speciale” su Napoli o sui Napoletani) e a smantellare le “stranezze” di chi (anche recentemente, anche tra qualche accademico famoso napoletano e non) sostiene che “al Sud non c’è mai stata una nazione” o che “Napoli non ha una sua identità”, RICORDIAMO SEMPRE una notizia che spesso abbiamo riportato nei nostri libri e nei nostri discorsi: Napoli è l’unica città al mondo ad aver dato il nome ad un regno intero. Non è mai esistito, infatti, il “regno di Parigi”, “di Madrid”, “di Roma” o “di Milano” e fino a non molti anni fa anche chi nasceva nel resto dei paesi del Sud si diceva “Napoletano” o era definito di “Nazionalità Napoletana”. L’orgoglio risolverà dopo 160 anni le questioni napoletane e meridionali? Non da solo. Ma, diffuso tra i nostri giovani, può essere la base per un altro racconto di Napoli e del Sud e per formare, dopo 160 anni, nuove e vere classi dirigenti in grado (finalmente) di risolverle. È la scommessa dei neoborbonici. È la scommessa di tutta la mia vita.
Gennaro De Crescenzo
Nell’immagine: “Allegoria della prosperità e delle arti nella città di Napoli” (Paolo De Matteis, inizi del Settecento).