È come se, dopo aver analizzato e studiato documenti e storia, si sentisse l’esigenza di dare volti e voci a quei nomi ritrovati nei libri e negli archivi e rimasti, finora, senza volti e senza voci. Ed è quello che ha fatto Pino Aprile nel suo nuovo libro.
La forma è inedita perché si tratta di un romanzo pubbblicato nel lungo, difficile, affascinante e gratificante percorso di ricostruzione della storia dell’unificazione italiana e della questione meridionale dopo averlo fatto come indiscusso leader del nuovo meridionalismo e dopo il successo epocale di Terroni, degli altri saggi sul tema e del recente Terroni 2.0.
Così nella “Brigante bambina” si descrivono le vicende della guerra del cosiddetto “brigantaggio”, di Cerasella e di Antonio, un maestro che se ne innamora, un maestro che riempie proprio di volti un suo quaderno, un maestro che “disegna anime”, proprio come fa Pino Aprile in questo libro e, per tanti aspetti, anche nei saggi storici nei quali non mancano mai l’ironia o le passioni, elementi che insieme ad un ricco apparato di fonti (che i soliti detrattori fanno finta di ignorare), hanno segnato il suo successo e la conseguente invidia (difficile da confessare). Tra “fatti veri, alcuni personaggi inventati e tempi accorciati”, una grotta vera e metaforica, allora, nella quale si rifugiano i briganti e i due protagonisti e che si “s<span;>i riempì delle speranze, delle preghiere, delle paure e intime richieste d’aiuto di un popolo che vedeva crollare l’ordine in cui era cresciuto”. E così, in mezzo a quelle battaglie nelle quali ti catapultano le prime pagine, “una vita era finita e l’altra era nel bosco” come in un passaggio tra le Due Sicilie e l’Italia, in una contrapposizione spesso, purtroppo, ancora attuale ed ancora più attuali risultano certi aspetti quando si parla di identità o di classi dirigenti sradicate e inadeguate (“solo poco prima aveva uno stato, una storia e una bandiera e ora non sapeva più chi era”). Sullo sfondo, allora, la Storia e tante verità storiche e, in primo piano, la storia tormentata dei due protagonisti e tante altre storie che si intrecciano come in un vero e proprio e appassionante film (a proposito: tra tante fiction a volte con soggetti davvero strani e ripetitivi, qualcuno potrebbe pensare di utilizzare “La brigante Bambina” per una fiction finalmente nuova?).
È un libro epico e leggero, per la facilità e il coinvolgimento con cui si legge e una tesi centrale spesso affontata nei nostri convegni e nelle nostre ricerche: oltre ad essere umano massacro intollerabile, quella guerra fu uno scontro tra due mondi e ancora oggi tanti di noi si riconoscono in quello che fu vinto ma che dopo 160 anni pretende rispetto (“imparate a rispettare chi combatte per la propria patria”). Se ci pensiamo, poi, quelle vicende somigliano anche alle nostre vicende personali e anche a quelle “politiche” (“ci sono tempi e persone che fan fiorire rami secchi e tempi e persone che fan seccare rami in fiore”). E, come negli altri libri, viene fuori anche l’anima dell’autore con i suoi sentimenti e i suoi elementi prioritari (quel mare, ad esempio, rifugio, sogno e speranza).
E non posso non citare le parole usate nella post-fazione che forse andrebbe letta prima del romanzo: “dolore e danni di quelle vicende condizionano ancor oggi, in modo quasi sempre inconsapevole, la vita degli italiani, non solo del Sud, e il destino del Paese che, da quella guerra non fu unito, ma diviso”. È questa la risposta alla domanda che spesso riecheggia in queste pagine: “che domani abbiamo, che domani ho?”. È da qui che dovremmo ripartire ed è da qui che, in questo percorso, un libro come questo può essere prezioso anche per le nuove generazioni di meridionali consapevoli e fieri che si stanno formando e che salveranno la nostra terra e la nostra gente perché anche noi “non vogliamo figli che nascano prigionieri come il tuo”.
Gennaro De Crescenzo