Prontuario anti-cazzulliano da usare in caso di emergenza. UN BREVE SAGGIO (GRATUITO) IN 10 PUNTI DOPO LA (SOLITA) TRASMISSIONE SU GARIBALDI (E CONTRO I NEOBORBONICI).

Caro Aldo Cazzullo, sono sorpreso anche io ma confermi la mia tesi sulla tua sostanziale “ossessione neoborbonica” (non riesci a non parlare dei neoborbonici ogni 10/15 giorni nonostante guerre e flagelli planetari ancora in corso) e sono costretto ancora a scriverti e a scrivere a giornali e TV che ti ospitano (La7 in testa dopo lo speciale dell’altra sera su Garibaldi). Sul Corriere rispondi al (solito) lettore che attacca i neoborbonici e devo rispondere in maniera purtroppo articolata a 2 ore di trasmissione e a diversi tuoi articoli.

PREMESSE

Due premesse. La prima è un grandissimo GRAZIE perché tutto sommato fai una grande pubblicità a noi e alle nostre tesi e riconosci la “CLAMOROSA VITTORIA DEL MITO NEOBORBONICO” (titolo del tuo articolo) che “in rete ormai TRIONFA incontrastato” ed è “UNO STRAORDINARIO SUCCESSO IDEOLOGICO”.
Sorvoliamo sul fatto che ti lasci andare ad un paragone un tantino azzardato mettendo sullo stesso piano noi e… la dittatura delle Filippine (!) con la sua cancellazione del passato, come se fossimo anche noi dei dittatori al governo (!). Seconda premessa (triste): se per te “parlare con un neoborbonico è inutile”, per noi ormai, forse, parlare con Cazzullo “è inutile”, se dopo 100 repliche e 100 pubblicazioni continui a ripetere sempre le stesse cose…

TESI, RISPOSTE E FONTI

Ti sintetizzo qualche risposta e… altro che “giganteschi falsi storici” o “fandonie”. Qui di gigantesco e vecchio ci sono solo i falsi storici risorgimentalisti raccontati per giunta nelle scuole di ogni ordine e grado dal 1860 ad oggi per giunta in una sorta di monopolio culturale che, anche grazie alla rete e anche grazie alle nostre attività, mostra finalmente tutte le sue lacune, le sue contraddizioni e tutte le sue crepe.

1) I MILLE NON ERANO MILLE

“Un esercito di migliaia di soldati che viene sconfitto da mille straccioni”.
Al di là della matrice massonica (anche dei -lauti- finanziamenti), sono documentati gli episodi di corruzione di alcuni generali e tu stesso citi, solo di sfuggita (per non sminuire gli eroismi garibaldini) il generale Landi a La7 come se fosse un fatto secondario la corruzione operata da garibaldini-sabaudi con diversi milioni di euro attuali e magari condanni i corrotti e non i corruttori che, di fatto, smentiscono le leggende risorgimentali.
I famosi mille, poi, diventarono oltre quarantamila dopo poche settimane, tra migliaia di volontari del Nord e soldati sabaudi disertori o congedati e imbarcati su tante navi, come evidenziato chiaramente in diverse pubblicazioni del tempo (su tutti l’opuscolo recentemente ripubblicato “Le spedizioni di volontari per Garibaldi”) e appena il 9% di meridionali (cfr. il data base dell’Archivio di Stato di Torino). E si trattava in gran parte di siciliani definiti “la parte peggiore della società siciliana” anche da accademici illustri e tu stesso, a La7, parli misteriosamente di “sgherri” senza parlare mai, però, di mafie e camorre in quel patto scellerato con garibaldini e governi italiani spesso drammaticamente attuale ed evidenziato anch’esso da diversi accademici (su tutti Sales, Benigno o Fiore).
Parentesi finale e (speriamo) definitiva: la famosa Marianna De Crescenzo (spero non una mia antenata) non era una “madre della patria” ma una tenutaria di case chiuse legata alla camorra e ai suoi capi (in testa quel Salvatore De Crescenzo che si accordò con garibaldini e Liborio Romano a Napoli).

2) I FALSI MOTI LIBERTARI

“Gli aneliti di libertà siciliani e meridionali del 1799 e del 1848”.
Nel 1799 si trattava di moti diretti dai francesi con pochi giacobini locali, “un semplice episodio dell’imperialismo francese”, come evidenzia lo storico John Davis (“Napoli e Napoleone”) e com’è chiaro dalle cifre dei massacri (oltre 60.000 meridionali di parte “napoletana-borbonica” in soli 5 mesi, com’è attestato nelle Memorie del Generale P. Thiebault).
Per il 1848, invece, si trattava di moti etero-diretti di matrice inglese, come evidenziato anche da diversi accademici (su tutti Eugenio Di Rienzo, “Il regno delle Due Sicilie e le potenze straniere”) o dallo stesso Croce che arrivò a ringraziare i Borbone per “aver conservato la Sicilia all’Italia riconquistandola da solo e deludendo le mire inglesi” (“Storia del regno di Napoli”). Altro che interessi “legati al vino a Marsala” e casualità varie citate a La7…
Tra l’altro non risulta dai tuoi articoli la reazione siciliana anti-italiana concretizzata nei massacri compiuti dall’esercito sabaudo a Castellammare del Golfo (con l’assassinio anche di una bambina) o durante la clamorosa rivolta del “sette e mezzo” nel 1866 o nella stessa Bronte (altro che “pagina controversa” o strani distinguo tra rivoluzione “patriottica e non sociale” che qualcuno magari avrebbe dovuto comunicare ai poveri fucilati siciliani).
Del resto gli anti-borbonici siciliani e napoletani, in testa i famosi esuli in Piemonte (non più di cento!), erano una esigua minoranza visto che (come sosteneva in Parlamento il deputato liberale lombardo Giuseppe Ferrari, tornata del novembre 1862, Archivio della Camera) il popolo aveva sempre difeso i Borbone durante tutti i moti dal 1799 al 1848 fino al 1860: “I reazionari delle Due Sicilie si battono sotto un vessillo nazionale, voi potete chiamarli briganti, ma i padri e gli Avoli di questi hanno per ben due volte ristabiliti i Borboni sul trono di Napoli”.

PS A proposito di libertà, ti ricordo che il “sanguinario” Regno delle Due Sicilie deteneva il primato del minor numero di condanne a morte (1 a fronte di 113 rispetto, ad esempio, al “civilissimo” Piemonte tra il 1848 e il 1860).

3) GARIBALDI NON ERA POVERO

“Garibaldi si ritirò a a Caprera, povero, con un sacchetto di merluzzi e legumi essiccati”. Al di là della noia per questa immagine trita e ritrita, il nostro eroe, tra doni nazionali e pensioni, era proprietario di un’intera isola (con annessa azienda, decine di dipendenti e centinaia di capi di bestiame) e poteva gestire ogni giorno circa 300 lire. Per non dire del prestito di 200.000 lire richiesto dal figlio Menotti al Banco di Napoli, garantito dal papà e mai restituito (su richiesta finale dello stesso padre, come risulta dall’Archivio del Banco di Napoli). A proposito, poi, di “libertà” di Garibaldi, in un documento conservato presso l’Archivio di Stato di Torino (copia in mio possesso) risulta chiara la dipendenza diretta da Vittorio Emanuele e Cavour, tutt’altro che “inconsapevoli” della spedizione: il re dice a Garibaldi cosa deve dire per passare dalla Sicilia a Napoli e Garibaldi risponde con le stesse parole dettate dal re in una sorta di copione con burattini e burattinai.

4) I SOLDATI NAPOLETANI MORTI FURONO MIGLIAIA

“I cadaveri a Fenestrelle furono solo 4”. Nessuno aveva il diritto di deportare anche solo un soldato a migliaia di chilometri da casa sua e solo perché non voleva rinnegare il giuramento fatto per la sua patria (napoletana) e il suo re (Francesco II e non “Franceschiello”, come più volte lo hai definito a La7 disprezzando un vero re avviato verso la beatificazione dal Vaticano).
A Fenestrelle, negli altri “campi” e nelle altre prigioni del Nord morirono migliaia di soldati meridionali, come ha inoppugnabilmente e recentemente dimostrato un docente dell’Università di Padova (Giuseppe Gangemi, “In punta di baionetta”) dopo anni di ricerche archivistiche che partono proprio dalle (spesso parziali, esigue, lacunose e contraddittorie) ricerche del pluricitato prof. Barbero.
E furono tanti (troppi) i meridionali massacrati per oltre un decennio e definiti “briganti” solo per dimostrare la strana tesi della “guerra interna” nel Sud pur di fronte ad un’immensa (e mai realmente studiata) quantità di documenti archivistici (v. Archivi di Stato del Sud), di fronte a oltre 120.000 soldati sabaudi da queste parti e anche di fronte alle ammissioni dello stesso piemontese D’Azeglio (nelle Due Sicilie “occorrono, e pare che non bastino, sessanta battaglioni… e non abbiamo diritto di sparare archibugiate su chi non ci vuole”).

5) I BORBONE NON ERANO STRANIERI

“I Borbone erano stranieri e non avevano una sola goccia di sangue siciliano e napoletano e non a caso appena ne avevano l’occasione lasciavano Napoli per salire sul trono di Spagna”.
Sorvoliamo su quella specie di “razzismo” implicito della tesi (per essere italiani ieri o oggi si fanno le analisi del sangue?) e restiamo davvero perplessi di fronte a (queste sì) “fandonie” vere: solo Carlo di Borbone andò in Spagna e dal 1759 al 1860 i Borbone, per 4 generazioni, nacquero, vissero e morirono a Napoli o in Sicilia e, a differenza magari dei padri della patria sabaudi, non parlavano il francese ma l’italiano e parlavano (spesso) il napoletano.

6) L’ORO E LE FERROVIE NON ERANO DEL RE

“L’oro dei banchi era del re e la ferrovia era un giocattolo del re”. Questa è un’altra (vera) fandonia. La prima ferrovia italiana fu utilizzata in meno di 20 anni da oltre 15 milioni di persone: altro che “giocattolo per andare da una reggia all’altra” (“Chemins de Fer de Naples à Nocère et à Castellammare, Procès-verbal de l’assemblèe gènèrale 1851-1855”).
In quanto ai soldi dei banchi del Sud attestati dal Nitti (ben 443 milioni di lire sui 668 complessivi di tutti i banchi italiani), si trattava di depositi bancari ovviamente di proprietà del re ma anche, ovviamente, di funzionari, commercianti, artigiani o professionisti, come dimostrano gli stessi dati relativi a PIL e redditi medi pari o superiori in molte regioni meridionali rispetto alle regioni settentrionali (come risulta da diversi e recenti studi accademici dei vari Daniele, Fenoaltea, De Matteo, Malanima, Tanzi, Collet o Davis).

7) BUROCRAZIA “BORBONICA”? MAGARI…

“L’Italia si è borbonizzata e dilaga dappertutto la burocrazia borbonica”.
Qui, senza scomodare i primati legati al diritto e ai Filangieri (in testa le avveniristiche motivazioni delle sentenze)
basterebbe dare anche solo un occhio al “Codice per lo Regno delle Due Sicilie” (1819, studiato in tutto il mondo) o alle “Collezioni di Leggi e Decreti del Regno” (Archivio di Stato di Napoli) o al più recente e monumentale testo del prof. Guido Landi (“Istituzioni di diritto pubblico del Regno delle Due Sicilie”), per capire il livello della burocrazia e del governo del tempo. Il tutto senza neanche citare i primati del delicato e importante settore sanitario finanche in merito ad una modernissima organizzazione (cfr. su tutti i testi del prof. Vincenzo Savica, Università di Messina).

8) NESSUNA SCELTA AL REFERENDUM

“Al referendum del 1946 i meridionali votarono per la monarchia”. Risposta banale: dopo circa 7 secoli di monarchia e senza avere la minima cognizione di quello che aveva fatto la dinastia sabauda e tra censure e punizioni varie (fucilazioni brigantesche e/o selezioni di classi dirigenti non asservite, come denunciò lo stesso Giovanni Gentile anni dopo e come risulta da controlli e licenziamenti tra i documenti dei fondi Questura presso l’Archivio di Stato di Napoli), quel risultato elettorale è chiaro (lo hai detto tu più volte, del resto, che i neoborbonici hanno cambiato la storia negli ultimi 30 anni).

9) I NEOBORBONICI NON SONO COME I LEGHISTI

“Da un lato i leghisti, dall’altro i neoborbonici”.
Da tempo metti sullo stesso piano i leghisti contrapponendoli ai neoborbonici come se fossimo due facce della stessa medaglia. Ti sfuggono parecchi elementi. Il primo si lega alle motivazioni: per te, evidentemente, è normale che la parte che vanta redditi, PIL, servizi e diritti con percentuali più o meno doppie rispetto all’altra rivendichi la sua “superiorità” (storica o genetica, poco importa) per pretendere ancora di più rispetto all’altra parte e nonostante quanto stabilito dalla nostra bella Costituzione. È logicamente impossibile, poi, mettere sullo stesso piano un movimento culturale (fatto di ricercatori e divulgatori volontari, appassionati, autofinanziati e mai al governo) e un movimento politico al governo locale nazionale da decenni e capace di condizionare, a sinistra come a destra, scelte politiche fondamentali se pensiamo -te ne sei mai accorto?- ai federalismi fiscali (costati al Sud oltre 800 miliardi in 20 anni, come attestano Eurispes e Svimez) o ai prossimi regionalismi “padani” con danni ancora maggiori.
Questa tesi (te lo devo confessare) puzza davvero di “tesi consolatoria” per intellettuali e politici settentrionali (e meridionali funzionali a questo sistema) che si rifugiano nei “mali atavici o storici” di un Sud chenonsipuosalvare pur di non ammettere le loro colpe come classi dirigenti (il nostro vero obiettivo neoborbonico, del resto, dal 1993, è proprio la formazione di nuove e vere classi dirigenti fiere radicate: altro che “tesi consolatorie neoborboniche”…).

10) NESSUNA CONSOLAZIONE MA SOLO VERITÀ

“Dare la colpa dei mali del Sud a Garibaldi è una bella favola consolatoria”.
Premesso che fu lo stesso Garibaldi, per certi aspetti, a rinnegare quanto aveva fatto al Sud (lettera ad Adelaide Cairoli: “non rifarei la stessa strada perché sarei preso a sassate”), questa della “consolazione” è la tesi delle tesi.
Se ammesso (e non concesso) che dare la colpa a Garibaldi per i guai del Sud è una “bella consolazione”, la tua tesi qual è? L’inferiorità dei meridionali di lombrosiana e piemontese memoria con gente naturalmente disposta a delinquere e incapace di risolvere i suoi problemi? Sarebbe una tesi in fondo inconfessabile e per tanti settentrionali leghisti o meno e per tanti meridionali ai quali le cose vanno bene così (magari dall’alto di cattedre universitarie o di scanni parlamentari), come ti dicevo prima, è una vera “tesi consolatoria”. E con questa tesi si dà la colpa ad un intero popolo e non ad un sistema politico-culturale antico di 160 anni (se è vero com’è vero che la questione meridionale è ancora aperta e drammatica). Si dà la colpa a quei cattivoni dei meridionali incapaci e a quei cattivoni dei neoborbonici che raccontano storie diverse (e per fortuna sempre più seguite). Del resto nessuno ci ha mai spiegato come e perché solo da 160 anni i meridionali hanno o devono avere meno diritti del resto dei cittadini italiani visto che fino al 1860, solo per fare qualche esempio, vantavamo primati come quelli relativi all’industrializzazione, all’emigrazione (assente al Sud fino al 1860, a differenza di altre aree italiane), alla vita media, alla longevità o al numero di medici o di ospedali. Il tutto a meno che qualcuno non pensi davvero (sotto sotto e senza avere neanche il coraggio di ammetterlo) che i meridionali oggi hanno meno diritti perché meritano di avere meno diritti e hanno sempre meritato di avere meno diritti. In tal caso non aggiungiamo nulla e sarebbe davvero “inutile” parlare con interlocutori di questo tipo.

CONCLUSIONI

A pensarci bene, però, ti invito, infine, a continuare così: un secolo e mezzo di libri o trasmissioni come quella su La7, con favolette belle ma palesemente esagerate, tripudi di bandiere, cimeli garibaldini, camicie rosse, inni commossi e parole cariche di retorica con i vivagaribaldi finali e quella “tomba ignuda che mostravi di lontano”, hanno portato la gente, molta gente, a farsi sempre più domande e, nonostante un monopolio culturale di oltre un secolo e mezzo, a decretare il “grandioso successo neoborbonico” del quale parli anche tu così spesso.

Saluti cortesi
Prof. Gennaro De Crescenzo

PS
A tua disposizione per un eventuale e democraticissimo dibattito, fonti e documenti alla mano, come, quando e dove vuoi (hai il mio numero di telefono da quando mi facesti una -bella- intervista per la TV del Corriere).