Mancano pochissimi giorni al Natale e sempre più persone si affrettano ad acquistare gli “ultimi” regali per amici e parenti. E noi, come ogni anno, cerchiamo di aiutare l’economia locale, ossia imprenditori che ancora credono in questa terra così bistrattata quanto povera economicamente, seppur ancora ricca di opportunità, invitando chi ci segue ad acquistare prodotti del Sud.
Pur “uscendo” (e neanche sappiamo se è ancora vero), da un’emergenza sanitaria che ci ha imposto chiusure e zone rosse tra quasi tutto il 2020 e l’inizio del 2021, questo tipo di scelte che solo la storia ci dirà giuste o sbagliate, ha portato inesorabilmente ad un aumento del fatturato delle grandi multinazionali e colossi e-commerce, ed un impoverimento delle nostre imprese; abbiamo visto infatti purtroppo sempre più disoccupati e saracinesche abbassate.
Sempre più forti i colossi e-commerce come Amazon, che ha chiuso il 2020 con un fatturato di oltre 44 miliardi (come riportato da The Guardian), che con “aiuti di stato” in termini di tasse, possono permettersi il lusso di vendere prodotti a prezzi anche 2 o 3 volte inferiori rispetto ai quelli dei rivenditori locali, costretti ad affrontare tasse e bollette sempre più alte, e di conseguenza a tenere i costi delle materie maggiorati.

Quando acquistiamo un prodotto proveniente dall’altra parte del mondo, dobbiamo capire che i soldi che spendiamo non li rivedremo più, contribuendo per primi all’impoverimento delle nostre terre ed obbligando i nostri figli ad inseguire quei flussi economici che si spostano incondizionatamente da una parte all’altra del pianeta (sempre più verso la Cina, l’America ed eventualmente, paesi europei come la Germania ed il Nord Europa), non lasciandogli prospettive e possibilità neanche più di emigrare al Nord (dramma che comunque subiamo da oltre un secolo e mezzo). Così dopo l’ennesimo rischio-beffa ai danni del Sud con il PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza) che, tra tanti dubbi, dovrebbe rilanciare l’economia dopo la pandemia, ci resta una sola cosa da fare per continuare a resistere come popolo ed in difesa di identità e tradizioni millenarie:
1 – Quando è possibile, acquistare prodotti in negozi locali evitando la grande distribuzione, contribuendo ad un diretto sostegno dell’economia reale; 2 – Acquistare prodotti locali, la cui provenienza è possibile consultarla sul retro di ogni singola confezione; 3 – Utilizzare piattaforme E-commerce “locali”, come ad esempio “Progetto Compra Sud” (primo tra i progetti storici delle imprese del ex Regno delle Due Sicilie) o “Accatta Online“, una start up innovativa di giovani del Sud con prodotti da spedire in tutto il mondo; 4 – Evitare quei prodotti industriali di dubbia qualità e magari comprare “meno ma meglio”.

Viviamo ormai in un circolo vizioso infinito, tra questi colossi che fatturano più di uno stato, grossi distributori di merci, app “senz’anima” sempre più scaricate per ordinare cibi o qualsiasi tipo di beni (perdendo anche contatti umani con i nostri negozianti di fiducia).
Sempre meno “musicalità” nelle strade (anche di una città armoniosa come Napoli), sempre più freddezza dovuta alla preoccupazione da parte delle famiglie, sia per il virus, gestito ormai da due anni tra tante scelte e tanti dubbi, ma soprattutto per un futuro ancora più incerto a causa di una globalizzazione senza freni e che ha visto fermare i viaggiatori, ma non i prodotti. Certamente queste ultime manovre politiche non fanno ben sperare, seppur seguite dal plauso di molti media nazionali: altro che “Paese dell’anno”…  l’economia reale ed il lavoro vero sono altro e se la passano sempre peggio. E, come se non bastasse, incombe sempre più il fantasma dell’autonomia differenziata per le regioni del Nord, e di un Luca Zaia (governatore del Veneto), che nel suo libro promette (o forse minaccia) di “aiutare” il Sud ma solo se al Veneto sarà concessa quell’autonomia che toglie di fatto soldi al meridione. Per non parlare degli ultimi dati Istat con una previsione tragica dei prossimi 30 anni: secondo i trend attuali: per la bassa natalità e le nuove emigrazioni, il Sud perderà 3 milioni e mezzo di abitanti (7 milioni circa in 50 anni, il triplo del Nord), con una questione meridionale che si risolverà da sola in quanto finiranno i meridionali. Il quadro non è dei migliori. Scegliere prodotti del Sud di certo non è “la” soluzione ma può essere almeno un segnale positivo sia dal punto di vista culturale che economico e, in fondo, politico.

Emilio Caserta