Il nuovo libro di Gigi Di Fiore (“Napoli, una squadra, una città, una fede”) non è solo una storia di una squadra. È anche una storia di Napoli, una storia dei Napoletani e una storia di ricordi personali che si uniscono (anche nel mio caso) a quelli del lettore. Ecco perché si tratta di un libro originalissimo e nonostante si tratti di un tema che è stato frequentemente al centro di altri libri. Mancava, in fondo, un libro come questo, per una squadra così seguita e in una città così attenta alle vicende del calcio nella totale e traversale identificazione tra i due elementi. E così in poche ore divoriamo le oltre 400 pagine ricche anche di fotografie (molte inedite), a partire dalla bella apertura dedicata a  Maradona e ai calciatori che hanno fatto sognare intere generazioni di Napoletani. E così, come in un film prima in bianco e nero e poi a colori, pagina dopo pagina, con il consueto approccio da storico vero e giornalista vero, troviamo le origini del Naples, le prime partite dal Rione Luzzatti allo stadio del Vomero, Ascarelli e il periodo fascista, i mille episodi della vita di Lauro “il comandante” e del Petisso Pesaola, di Ferlaino e di Vinicio, dei fallimenti e della serie B, della rinascita con De Laurentiis in serie A e in Europa. E se abbiamo sempre apprezzato il Di Fiore impegnato nella ricostruzione della storia dell’unificazione italiana per la ricerca e l’uso delle fonti, lo stesso possiamo dire in questo caso nonostante la difficoltà di trovare fonti originali nella storia di una squadra e Di Fiore riesce a farlo in maniera sorprendente ed efficace. Le prime pagine si aprono, poi, con quelle parole e quei suoni che hanno accompagnato le nostre storie di tifosi tra gli sponsor commerciali richiamati dai gracchianti altoparlanti del San Paolo e il famoso liquore/caffè Borghetti, l’odore della colla bianca per le figurine dei calciatori e “Tutto il calcio minuto per minuto” o la Domenica Sportiva e (nel mio caso) quei maccheroni con il ragù riscaldati nel tardo pomeriggio al rientro dallo stadio… Tanti gli spunti interessanti anche per le tematiche Nord-Sud care all’autore (e anche a noi): dal Ferlaino “borbonico” con i tre gigli sugli abbonamenti (“come i Borbone hanno fatto grande Napoli io farò grande il Napoli”) alla grandissima bandiera delle Due Sicilie srotolata in Curva B nel 1995 (Napoli-Milan 1 a 0 e la portammo noi neoborbonici iniziando la significativa diffusione di quei simboli sullo stadio). Su tutto, poi, la memoria e poi il mito di Maradona, simbolo in tutti i sensi di Napoli e del Napoli fin da quella sua prima apparizione dalle scale del San Paolo (io c’ero), passando per i primi attacchi (anche a Napoli) fino alle celebrazioni, lacrime e ricordi, di questi giorni. Diversi gli “sfondi” storici importanti, tra le guerre e gli anni del terrorismo, gli scandali del calcio e poi i titoli del Mattino e del Roma, gli scudetti (“ogni quartiere una festa”) e una città tutta azzurra (cielo e bandiere), le questioni meridionali (anche) nel calcio, l’eterna sfida da “ex capitale” con la Juventus e le tante partite in un racconto che riesce a trasmetterti le emozioni di quei momenti e a farti vivere  quasi l’ansia di sapere come andranno a finire. Se solo pensiamo ai milioni di tifosi tra gli emigranti dal 1926 ad oggi e a quel filo di sentimenti e senso di appartenenza che li tiene miracolosamente uniti e ci tiene uniti, capiamo perché già il titolo di questo libro è perfetto e perché non può mancare nelle nostre case magari regalandolo a figli e nipoti per continuare quel “sogno azzurro che non finisce mai”.
Gennaro De Crescenzo