Fino al 1860 il Regno delle Due Sicilie aveva un’importanza notevole anche a livello internazionale al contrario di quanto sostengono i soliti esponenti della cultura “ufficiale” con finalità, in fondo, anche politiche. Le loro tesi servono per dimostrare che se dopo oltre un secolo e mezzo non sono state risolte le questioni meridionali è perché il Sud è stato sempre indietro ed è sempre e comunque “tutta colpa del Sud”. Ennesima dimostrazione dell’importanza, invece, del Sud e dei Borbone, arriva dalla storia dei rapporti tra Napoli, la Russia, l’Austria e la Turchia. Antichi e consolidati i legami con gli zar (“un aspetto da esaminare e approfondire”, come sosteneva Gramsci evidenziando gli interessi inglesi nel Mediterraneo), passando dal 1799 (oltre 300 i “valorosi moscoviti” impegnati sul fronte napoletano e anti-francese) fino agli accordi commerciali e fino al ruolo determinante che Napoli ebbe nel trattato di pace alla fine della guerra russo-turca (1792, trattato di Jassy con il quale, tra l’altro, i Russi ottennero la Crimea): fu proprio Caterina di Russia a coinvolgere Ferdinando IV e l’influente ambasciatore Serracapriola e a chiedere l’intervento del governo napoletano come mediatore di pace. Così Napoli consolidò il proprio ruolo e i propri progetti commerciali (in particolare nell’area del Mar Nero) contesto diplomatico europeo. Inglesi e Francesi non furono felici e, come sappiamo, furono artefici di nuovi scenari che avrebbero portato ai fatti del 1860. In sintesi: più conosciamo nostra storia, più siamo fieri della nostra storia nella certezza che questa fierezza diventerà, prima o poi, la base culturale delle nostre future classi dirigenti.
Per approfondimenti v. il post del prof. Ivan Cuocolo la quale abbiamo tratto spunti per questa nota e v. l’ottima e documentatissima tesi di dottorato di D. Amore (“Napoli, San Pietroburgo e il Mediterraneo, 1777-1861”, Università degli Studi Federico II, Università della Sorbona di Parigi, 2017).