Anni fa scrissi un piccolo libro per l’Editoriale Il Giglio e, di fronte alla continua circolazione del mito garibaldino (soprattutto per anniversari e altre date), mi rendo conto che libro e titolo erano utili (“Contro Garibaldi. Appunti per demolire il mito di un nemico del Sud”). Si tratta davvero di un “mito” e spesso di una vera e propria favoletta con gli “invincibili mille” ai quali ormai credono sempre meno persone grazie (anche) alla nostra opera di ricerca&divulgazione. La verità? Dopo poche settimane erano circa 50.000 e per la stragrande maggioranza non erano affatto meridionali ma misteriosi “volontari o congedati” dell’esercito sabaudo (v. la recente pubblicazione del prof. Antonio Boccia su quelle spedizioni). “Nemico del Sud” perché lui stesso si accorse dei danni procurati (se tornassi prenderei “sassate”) e delle due l’una: o era inconsapevole di quello che fece (e allora non si capisce perché celebrarlo ancora) o era consapevole e allora colpevole di una questione meridionale iniziata con il suo arrivo e ancora irrisolta. Del resto è ormai certo che fu finanziato con soldi inglesi e massonici. È ormai certo che era “guidato” come un burattino da savoia&cavour (“il generale risponderà…” e lui rispondeva come loro ordinavano e come risulta da documenti archivistici sabaudi). È ormai certo che fece patti con mafie e camorre. È ormai certo che gestì in modo “allegro” il denaro delle banche meridionali (ed è certo che ottenne un prestito mai restituito di 200.000 lire per il figlio Menotti dal Banco di Napoli). Insomma: noi vorremmo pure credere alle favole ma le verità sono altre ed è normale, poi, come scrisse lo stesso Galli della Loggia, che queste verità ormai siano “maggioritarie” e quando qualcuno pubblica un articoletto favolistico ci siano centinaia di commenti negativi o ironici (e di certo non solo “neoborbonici”). Il buon amico Riccardo Pazzaglia mi disse che il giorno della nostra vittoria sarebbe stato quello delle prime risate a proposito di diversi eroi. Abbiamo lavorato bene e continueremo a farlo.
Gennaro De Crescenzo